Green Roof: la normativa nazionale ed internazionale

Green Roof e Green Wall sono sistemi di rivestimento che prevedono l'utilizzo della vegetazione, ma la loro funzione è tutt'altro che estetica.
Surriscaldamento globale, isole di calore, effetto serra, sono termini che tutti i giorni entrano nelle nostre case. Molte le soluzioni, più o meno drastiche, che cercano di marginare questi problemi. 
Tra queste si trovano i così detti green roof (tetto verde) o green wall (parete verticale verde), ovvero rispettivamente un sistema di copertura orizzontale o una facciata esterna, coltivate con della vegetazione. 
Questi sistemi non potranno, da soli, salvare nel breve periodo l’intero pianeta Terra, ma sono sicuramente in grado, se opportunamente distribuiti nel sistema urbano e incentivati, di migliorare la qualità di vita all’interno delle città. Il tema dell’inquinamento è diventato già da parecchi anni un problema istituzionale; quali allora le normative internazionali e nazionali che favoriscono questi nuovi sistemi ecologici? Attualmente non esiste una legge unitaria prevedente la riqualificazione degli edifici mediante i tetti e le pareti verdi. 
Esistono però varie norme, spesso locali, che favoriscono e incentivano la loro installazione. E’ stata la città di Berlino, nel 1994, ad introdurre per prima il così detto indice BAF (Biotope Area Factor), utilizzato per definire la superficie da destinare a verde in caso di edificazione, applicabile a tutte le forme in costruzione, dal recupero edilizio ai nuovi progetti ,prevedendo anche l’inserimento dei nuovi sistemi verdi in facciata e in copertura. 
Dal Vecchio al Nuovo continente, anche Seattle ha avviato una procedura molto simile per incrementare il sistema del verde nelle aree a maggiore densità urbana chiamato “Seattle Green Factor” (SGF). Il sistema si basa su una valutazione che assegna punti per ogni intervento realizzato tenendo conto del verde. 
Nella vicina Tororto, dal 2006, si è avviata una strategia per la promozione del verde pensile in città al fine di coprire dal 50 al 75 % della superficie del patrimonio edile costruito. Dal 2001 a Tokio, è stata invece avviata una trasformazione per il 20% dei tetti piani che dovranno ospitare coperture a verde e giardini. 

IL CASO ITALIANO 
Nel nostro paese non esiste ancora una normativa nazionale capace di favorire esplicitamente il metodo di riqualificazione che passa per il green roof e i green wall. Esistono però dei virtuosissimi esempi delle comunità locali che hanno sperimentato queste forme di verde urbano. 
Nel 2007 Bolzano ha reso obbligatoria la procedura R.I.E, ovvero la riduzione dell’ Impatto Edilizio che consiste in un indice che certifichi la qualità dell’intervento edilizio rispetto alla permeabilità del suolo e del verde. A Firenze, dal 2007, il Regolamento Edilizio della città mira a diminuire l’effetto “isola di calore” attraverso l’utilizzo di questi due sistemi che devono essere integrati negli edifici. 
Nello specifico, all’interno dell’ art 3, il R.E si prevede per gli edifici la disposizione della vegetazione, o di altri sistemi di schermatura compatibili con i vincoli di natura artistica ed architettonica, in modo da massimizzare l’ombreggiamento estivo delle superfici vetrate e ridurre l’effetto “isola di calore”. 
Per quanto riguarda i futuri progetti, a livello nazionale è stato recentemente prorogato il bonus del 50% per la realizzazione di sistemi verdi volti al miglioramento energetico in un edificio in ristrutturazione. E’ possibile anche richiedere un Ecobonus del 65% per il risparmio energetico, possibile grazie ad un disegno di legge che mira alla promozione e diffusione dei tetti giardino e degli orti urbani. 
Per poter sfruttare questi incentivi non basta avere un terrazzo praticabile con una bella e rigogliosa composizione floreale. Il tetto verde ha particolari caratteristiche che ne permettono il riconoscimento. 
Grazie ad esse è inoltre possibile suddividere il sistema del verde in copertura in due grandi famiglie che si differenziano per lo spessore dello strato di terra: 
- il caso del verde estensivo: lo strato del terreno è tendenzialmente sottile, varia dai 5 ai 12 cm e permette la piantumazione di vegetazione a piccolo fusto. 
- il caso del verde intensivo: In questo caso lo spessore del terreno va dai 30 fino agli 80 cm in cui è possibile piantare una vegetazione con altezza maggiore. 
Non tutto può essere quindi definito “green roof”, esso infatti deve essere composto da molteplici strati che poggiano sul solaio di copertura: 
- barriera al vapore, per evitare la formazione di condensa umidità; 
- strato di isolante, per evitare dispersioni di calore; 
- guaina impermeabile, per evitare infiltrazioni d'acqua nelle strutture portanti e negli ambienti sottostanti; 
- membrana anti-radice, per impedire alle radici di andare oltre e creare fessurazioni; 
- elemento di accumulo e drenaggio acqua piovana; 
- strato drenante, per immagazzinare acqua ed allontanare quella eccedente; 
- strato filtrante, che trattiene le particelle di terriccio evitando così le infiltrazioni negli strati sottostanti; 
- terra di coltura, ovvero terreno alleggerito che ha la funzione di accogliere le piante; 
- strato di verde, ovvero la vegetazione che si è scelto di piantare. 
Ad oggi la progettazione del verde in copertura è regolamentata dalla normativa UNI 11235: Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione, il controllo e la manutenzione di coperture verdi. Il testo fornisce le specifiche e i criteri di calcolo riguardanti la composizione degli strati primari e secondari, indicando gli spessori minimi da utilizzare in base al tipo di vegetazione. 
La normativa si occupa anche di edifici in ristrutturazione per cui sarà importante verificare la portata del solaio e assicurare il rispetto della normativa antisismica, tema oggi di grande importanza.
© Copyright 2024. Edilizia in Rete - N.ro Iscrizione ROC 5836 - Privacy policy